martedì 10 novembre 2009

La specie degli “hobbit” potrebbe non esser stata umana.



Si alimenta il dibattito sull’origine dell’Homo floresiensis, il cosiddetto “hobbit”, di cui vennero trovati i resti scheletrici nell’isola indonesiana di Flores nel 2003.

Ci sono diverse ipotesi: per alcuni, erano uomini moderni affetti da nanismo insulare o, come sostengono Teuku Jacob, Alan Thorne e Maciej Henneberg, pigmei affetti da microcefalia; per altri, come l’antropologa Debbie Argue, fu l’ultima specie del genere Homo a convivere con l’Homo sapiens: l’Homo floresiensis si estinse infatti 17000 anni fa a seguito di un’eruzione vulcanica, mentre l’Homo neanderthalensis 30000 anni fa (o al massimo 24000).

Ora si aggiunge un’altra teoria. I paleoantropologi Peter Brown e Tomoko Maeda, due degli scopritori dei fossili, che avevano inizialmente posto la specie nel genere Homo chiamandolo appunto Homo floresiensis, stanno considerando l’ipotesi di rimuovergli lo status di “umano”.

I due sostengono infatti che la stirpe degli hobbit lasciò l’Africa “forse prima dell’evoluzione del genere Homo” (comparso 2.5 milioni di anni fa). Cade dunque la loro stessa teoria secondo cui l’Homo floresiensis fu un’evoluzione dell’Homo erectus, come pensarono dopo aver trovato strumenti in pietra di 840000 anni in un sito di Flores. Secondo Brown, le prove dimostrano che l’antenato diretto degli hobbit precedette l’indonesiano Homo erectus.

A sostegno di ciò, Brown e Maeda hanno studiato i resti dei più antichi Hominini mai trovati fuori dall’Africa, gli scheletri di Homo georgicus di Dmanisi (Georgia), datati a 1.8 milioni di anni fa e considerati una via di mezzo fra l’Homo habilis e l’Homo erectus (o il suo vicino parente Homo ergaster). E hanno notato che l’Homo floresiensis è più simile all’australopiteco che agli Hominini di Dmanisi. Dunque i primi hobbit lasciarono l’Africa prima che gli Hominini raggiunsero la Dmanisi.

Brown conclude: “Sicuramente è possibile che in alcune parti dell’Asia, un isolato gruppo di hominini simile agli australopitechi si evolvette in una direzione particolare – l’Homo floresiensis – e si diffusero all’indietro verso l’Africa”.

I resti dell’Homo floresiensis sono rappresentati da 6 o 9 individui, a seconda della disposizione degli scheletri, che vengono datati dai 17000 ai 95000 anni fa. Senza mento, erano alti un metro e avevano braccia e piedi molto lunghi.

Brown fa parte dei cosiddetti africanisti, secondo cui gli Homo sapiens si evolvettero circa 200000 anni fa e rimpazzarono i discendenti delle altre specie esistenti. Jacob, Thorne e Henneberg sono invece dei “multiregionalisti”; sostengono cioè che le specie si svilupparono in diverse regioni dai migranti africani e vennero spinte in una comune evoluzione grazie all’ibridazione: per questo non possono accettare che due specie diverse vissero così a lungo nella stessa regione.

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