mercoledì 27 luglio 2011

Turchia , archeologi italiani scoprono la la tomba dell'apostolo Filippo.

Ankara, 27 lug. (Adnkronos) - Un team di archeologi italiani, guidati Francesco D'andra, ha scoperto in Turchia la tomba dell'apostolo Filippo. Lo riferisce l'agenzia semiufficiale turca Anadolou, spiegando che il ritrovamento e' avvenuto nel sito delle rovine di Hierapolis (Pamukkale), nella provincia sud occidentale di Denizli.
Si riteneva che la tomba di San Filippo fosse nella "collina dei morti" a Hierapolis, ma il team italiano ha scoperto le rovine di una chiesa a 40 metri dalla collina, dove si trova la tomba del santo. D'Andria ha spiegato che gli archeologi tentavano di indviduare da anni il luogo di sepoltura dell'apostolo e che la tomba e' stata individuata durante gli scavi nei resti di una chiesa recentemente riportati alla luce.
Citta' ellenistico-romana dell'antica Frigia, l'antica Hierapolis e' fra i luoghi inseriti dall'Unesco nel Patrimonio dell'umanita' e sorge nei pressi di una fonte termale nota sin dal secondo secolo.

Monti Cimini (VT) - Scoperti reperti dell'età del bronzo (1000 a.c.)

Una montagna sacra nel cuore dell'Etruria, dove, nell'età del bronzo, si offrivano voti agli dei pagani e si bruciavano oggetti sacri in loro onore. Hanno portato alla luce questo gli archeologi dell'università Sapienza di Roma e della soprintendenza ai Beni archeologici dell'Etruria meridionale sul monte Cimino, in provincia di Viterbo.
La scoperta, «una delle più importanti della protostoria del Lazio», con reperti risalenti al 1000 a.C, è stata illustrata oggi sul luogo del ritrovamento in località La faggeta, a Soriano nel Cimino. Sulla sommità del monte, a oltre mille metri di altezza, tra i faggi, negli ultimi tre anni l'equipe degli archeologi, coordinati dal professor Andrea Cardarelli, ha condotto gli scavi portando alla luce «una serie di stratificazioni di materiali derivanti da roghi cultuali».
Una «chiara evidenza votiva», secondo il docente della Sapienza, perchè, spiega, «le attività religiose del mille avanti Cristo passavano proprio attraverso il fuoco. Venivano bruciate offerte per gli dei: oggetti sacri, cibo o animali».

sabato 23 luglio 2011

Svizzera - Centrale nucleare di Muhleberg a rischio inondazioni.

Lo storico del clima Christian Pfister ritiene che l'azienda elettrica bernese BKW abbia sottovalutato il rischio di alluvioni nel costruire una centrale nucleare a Mühleberg (BE). Pfister è co-autore di uno studio sulle inondazioni nel Medioevo.
Alla luce dei risultati del suo studio, Pfister suggerisce alla BKW di realizzare un nuovo studio sulla sicurezza della centrale in caso di forti piene dei fiumi Aare e Sarine. Per l'azienda elettrica non c'è però nessun motivo per agire, afferma il portavoce della società Sebastian Vogler in dichiarazioni al "Bund" e al "Tages-Anzeiger". Pfister è però sorpreso da questa reazione: "altre aziende elettriche hanno preso in considerazione i risultati", ha detto ai due quotidiani.
Lo studio ha esaminato le piene del Reno, in particolare nella regione di Basilea, puntualizza però Vogler. Senza essere rielaborati, i risultati non possono essere applicati al fiume Aare e alla zona attorno alla centrale di Mühleberg, afferma. "La BKW non ha però nessuna intenzione di eseguire un'indagine più approfondita", ribatte Pfister.
Questi, in collaborazione con altri storici e idrologi dell'Università di Berna, ha ricostruito in uno studio pubblicato a metà luglio le maggiori piene del Reno degli ultimi 13 secoli. La portata massima è stata raggiunta il primo d'agosto del 1480 quando sotto i ponti di Basilea scorrevano circa 6000 metri cubi d'acqua al secondo (circa sei volte la portata normale).
Questi dati possono ora essere utilizzati per prevedere le future piene massime. Lo studio dimostra tra l'altro che il potenziale distruttivo della natura non può essere valutato solo utilizzando dati delle piene recenti.
(ats)

venerdì 22 luglio 2011

Cina, caduto meteorite di 25 tonnellate...



Roma, 21 lug. (Ign) - Venticinque tonnellate di ferro precipitate dallo spazio sulla Terra. Precisamente ad Altay, nella regione autonoma dello Xinjiang, situata nel nord-ovest della Cina. Nella zona si è recato un team di esperti che sta eseguendo una serie di test sul meteorite caduto il 17 luglio scorso. Il meteorite, 2,2 metri di lunghezza per 1,25 di altezza, dal peso di almeno 25 tonnellate, è destinato a diventare il più grande mai precipitato in Cina.

martedì 19 luglio 2011

Fano, tornado a ciel sereno?

Sembrava poter essere una tranquilla e assolata Domenica di sole, invece un fenomeno improvviso ha travolto i bagnanti della spiaggia marchigiana. Intorno alle tre del pomeriggio, un violento ma breve turbinio di venti si è abbattuto sulla spiaggia fanese.  

Il forte vento ha provocato il sollevamento di sdraie ed ombrelloni ancorati a ben 80 cm al di sotto del suolo, che poi hanno colpito alcuni bagnanti, ferendo una decina di persone, la più grave una ragazza che si è fratturata un braccio.

L'area interessata dal fenomeno è risultata molto limitata (pochi decine di metri), così come la durata temporale (pochi secondi). Il fenomeno non può essere ricondotto ad una tromba d'aria (termine fin troppo generico per definire un tornado) perché mancavano due requisiti fondamentali: la presenza di un cumulunembo (quindi di un temporale) e di una debris cloud (nube di detriti originata al suolo dall'azione meccanica di violenti venti ascensionali e discensionali in rotazione). Al momento sulla spiaggia di Fano erano presenti pochi cumuli di bel bel tempo, in una giornata complessivamente ben assolata.  

Il fenomeno non può essere nemmeno ricondotto ad un Dust Devil (diavolo di sabbia), poiché mancava il requisito fondamentale per la sua genesi: scarsa ventilazione. Un vento di appena 4-7 km/h impedirebbe la sua formazione, poiché è indispensabile che l'aria sia immobile. Sulla spiaggia fanese invece soffiava un vento moderato di Levante con raffiche fino a 30 km/h.  

Ma allora che cos'era?

Con molta probabilità il fenomeno turbolento può essere classificato con il termine “Gustnado”.
Il Gustnado, contrariamente al tornado non è collegato alla base di una nuvola temporalesca, ha un'estensione spaziale limitata ed ha una durata di pochi secondi, in rari casi fino al minuto. Il vortice potrebbe essere stato generato dall'incontro di masse d'aria provenienti da diverse direzioni ed aventi differenti valori di umidità e temperatura. Diversità ben evidenziate tra la superficie marina (fresca ed umida) e l'immediato entroterra (più caldo e secco), nonché da un discreto wind shear orizzontale tra i venti di garbino presenti fino a poche centinaia di metri dalla costa e di levante invece presenti sul litorale. La convergenza di basso livello avrebbe pertanto favorito la concentrazione della vorticità verticale.

E' auspicabile che tali condizioni si ripresentino anche nei prossimi giorni, stante il persistere delle linee di convergenza al suolo, pertanto non sono da escludere nuove isolate manifestazioni vorticose.

Misterioso oggetto nero cade dal cielo in Kenia.



Una massa sconosciuta venuta dallo spazio esterno  è caduta sabato nei pressi delle città Kilimambogo e Tala. Inizialmente, ci sono state segnalazioni di un'esplosione in Kangundo, Tala, Yatta e Kakuzi . Residenti nell'area dicono che il suono forte era paragonabile ad una bomba o di un crash aereo, mentre altri è sembrato un terremoto. Di polizia e militari da Thika accorsi sul posto a Kiumwiri villaggio, Murang'a contea. I militari poi hanno portato via l'oggetto di analisi degli esperti. La roccia nera liscia peso di circa cinque chili è caduto in una piantagione di mais, a 60 metri da una fattoria nelle vicinanze, ma nessuno rimase ferito. Ten. Col. JN Vungo, l'ufficiale comandante del 12 ° Battaglione Genio, ha detto prima valutazione indica che l'oggetto non era artificiale e si credeva di essere venuto dallo spazio. "Abbiamo avuto notizie contrastanti da zona Kilimambogo indicando che un aereo si era schiantato o una bomba era esplosa nella zona e in collaborazione con il polizia abbiamo mobilitato i nostri funzionari per capire cosa stava succedendo ", ha detto. Su come individuare la scena, personale di sicurezza hanno isolato la zona, che stava attirando residenti curiosi. 

"Crediamo che sia un corpo celeste, probabilmente un pezzo di una meteora che può avere disintegrato entrando nell'atmosfera terrestre", ha detto il tenente colonnello Vungo, che era accompagnato dal capo della polizia Paul Thika Leting. Sig. Vungo tali relazioni da zona Ndunyu Sabuk indicato che un oggetto più grande è stato visto nei cieli prima di essere disintegrato dopo una forte esplosione. Il funzionario ha detto che secondo alcuni testimoni, l'oggetto sollevato una nuvola di polvere sulla colpire la terra, era estremamente caldo e girava al momento dell'impatto. "Meteore o ften perdere stabilità e volare via dalla loro orbita, ma bruciano entrando nell'atmosfera a causa dell'attrito, Lt Col Vungo detto. Tuttavia, ha aggiunto che si trattava di un evento raro nella regione dell'Africa orientale. Un occhio testimone Sig.ra Jane Wangui Kibugi ha detto di essere a soli 50 metri di distanza quando l'oggetto è caduto. "Ho visto una nuvola di polvere e quando sono andato più vicino che ho trovato la pietra nera liscia, che aveva scavato una buca sul terreno".
(Tradotto dall'inglese)

sabato 16 luglio 2011

Macchie solari e future glaciazioni?


In questo momento storico, il Sole sta passando da un periodo di minima attività verso uno di massima e alcuni scienziati suppongono l’arrivo di un’era glaciale con conseguenti eventuali  danni alle comunicazioni.
La sezione Geomagnetismo, Aeronomia e Geofisica Ambientale dell’INGV, ha una lunga tradizione di osservazioni geomagnetiche e ionosferiche e ha raccolto una mole notevole di dati per lo  studio della variabilità desoll Sole, e per la valutazione degli effetti di tale variabilità ( radiazione elettromagnetica e vento solare) sul sistema Terra e, in particolare, in media e alta atmosfera. Attraverso il telerilevamento a microonde da stazioni a terra si studia la variabilità dell’ozono nella media e alta atmosfera in relazione alla variabilità solare, sia radioattiva che corpuscolare.  Grazie anche a un’equipe di specialisti di modellistica della climatologia  all’INGV si possono simulare e stimare gli effetti della variabilità solare sul nostro clima.
Abbiamo così intervistato un esperto della materia, il dottor Antonio Meloni
Studi di breve e lungo termine dei parametri ionosferici possono aiutare a capire il ruolo della variabilità del sole sul sistema terrestre?
«Il Sole - dice Antonio Meloni, dirigente di Ricerca dell’INGV - ,oltre a emettere radiazione elettromagnetica, emette anche particelle cariche (protoni e elettroni) che a seconda della loro energia raggiungono la Terra in un intervallo di tempo che va dalle ore a un paio di giorni. Esse interagendo con il campo magnetico terrestre formano la magnetosfera. Anche la magnetosfera è modulata dalla variabilità corpuscolare delle emissioni solari. Nella magnetosfera avvengono diversi fenomeni che vengono evidenziati fondamentalmente dalle tempeste magnetiche e ionosferiche, e altri fenomeni naturali di grande spettacolarità quali le aurore boreali. Anche questi hanno per diversi aspetti una notevole influenza sulle attività umane».  
Il ruolo dell’attività solare nel controllare il clima è ancora dibattuto e nella maggioranza degli specialisti prevale l’opinione che sia contenuto e comunque significativo solo sulla scala delle decine di anni o secoli, quando per diversi cicli solari, il numero delle macchie rimane costantemente bassoCosa attenderci quindi per i prossimi mesi o anni ?
«Secondo gli indicatori solari conosciuti, continua ancora il Dott. Meloni, il Sole sta emergendo da un ‘torpore’ che dura ormai da circa 5-6 anni e sta diventando progressivamente più attivo. Si cominciano a contare sempre più macchie e il massimo si raggiungerà solo alla metà del 2013. Nei prossimi due anni quindi assisteremo a un aumento delle tempeste magnetiche e ionosferiche ma ragionevolmente senza effetti eclatanti sulla nostra vita di ogni giorno».
E per quanto riguarda il clima?
«Per quanto riguarda il clima invece, nel breve termine e fino alla fine del ciclo in corso (quindi fino al 2020), non crediamo quindi possa essere il Sole e influenzare in maniera significativa la temperatura della Terra. Continuerà ad essere importante monitorare il contributo naturale all’immissione in atmosfera di gas serra come quelli causati dalle grandi esplosioni ed eruzioni vulcaniche e naturalmente agire in modo da produrre una quantità sempre minore di gas serra antropici».
Nota: La valutazione dell’influenza della variabilità del Sole sul clima non è una questione recente.
La valutazione dell’influenza della variabilità del Sole sul clima non è una questione recente. Già un paio di secoli or sono  l’astronomo William Herschel suggerì che il numero delle macchie solari (osservate per primo con il telescopio da Galileo) forniva un indizio per conoscere il clima della Terra. Infatti a un numero maggiori di macchie solari poteva corrispondere una temperatura terrestre maggiore. Altri scienziati ebbero già a quei tempi un’opinione contraria e, ancora oggi,  il dibattito rimane in gran parte aperto quando si vuole provare a quantificarne gli effetti.
La scoperta dell’esistenza di un ciclo di attività delle macchie solari, diede inizio a un lungo dibattito sulla variabilità del Sole e i suoi effetti sulla Terra. Fu possibile correlare anche il cosiddetto Minimo di Maunder(un periodo con un numero estremamente basso di macchie osservate sul Sole, anni 1645-1710) con il progressivo raffreddamento, testimoniato da dati storici in tutto il mondo in quell’epoca. Oggi noi sappiamo che quella che chiamiamo costante solare (circa 1362 W/m2, secondo le ultime misure satellitari), del tutto costante non è; durante un ciclo solare può variare di 1-2 W/m2 , cioè all’incirca dello 0.1%. Alcuni ricercatori ritengono che, in periodi più lunghi (qualche secolo), questa variabilità possa raggiungere valori di 0.3- 0.4 %. In alcune regioni dello spettro , ultra violetto. A breve termine, in occasione di brillamenti solari,  essa può variare anche di un fattore 100 o 1000, mentre  nella regione X dello spettro questa variabilità può anche essere rapidissima e avere luogo anche in pochi minuti.

USA - Ultimo dinosauro prima dell'estinzione?


Il ritrovamento di un corno di triceratopo, all’interno di una stratigrafia di rocce sedimentarie che permette la datazione al periodo immediatamente precedente all’estinzione di massa dei dinosauri, 65 milioni di anni fa, conferisce nuova forza alla teoria che vede nell’asteroide la causa dell’annientamento dei grandi rettili.
L’enigmatica e sensazionale scoperta, avvenuta nel sud-est del Montana (USA), nella Hell Creek Formation, una delle poche aree al mondo che preserva fossili relativi al periodo a cavallo dell’estinzione di massa, mette nuovamente in discussione uno dei capitoli più dibattuti e più avvincenti della storia della vita sulla terra.
Il corno, di 45 cm di lunghezza, appartiene senza ombra di dubbio al triceratopo, il ben noto esemplare, il cui nome si riferisce proprio alla presenza di tre corna (Triceratops, dal greco antico τρι tri “tre”, κέρας keras “corno” e ωψ ops “faccia”, cioè dalla faccia con tre corna). Si trattava di un quadrupede erbivoro, vissuto durante l’ultimo periodo del Cretaceo superiore (ca. 70-65 Ma fa) in nord America che poteva raggiungere i 9 metri di lunghezza per 12 tonnellate di peso.
L’eccezionalità del rinvenimento risiede in primis nella sua età: “Si tratta del più giovane dinosauro che è stato scoperto in situ”, spiega Tyler Lyson, paleontologo della Yale University. Tutti gli altri fossili di dinosauro finora rinvenuti sono più antichi ma furono inglobati successivamente alla loro morte in sedimenti molto più giovani, a causa di processi geologici.
Inoltre, la sua posizione stratigrafica fornisce una solida argomentazione alla teoria che vede la causa dell’estinzione dei dinosauri nell’impatto di un asteroide sulla terra che avrebbe prodotto il noto cratere di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan (Messico). Altre teorie prevedono invece cambiamenti climatici di grandi dimensioni o il cambiamento del livello del mare. Il fossile è stato infatti rinvenuto a 13 cm al di sotto della linea geologica sedimentaria che attesta l’impatto con l’asteoride e che divide il Cretaceo dal Terziario (K-T boundary). Ciò dimostra chiaramente che prima dell’impatto i dinosauri non erano ancora sulla via dell’estinzione.
di Brunella MUTTILLO

Astronomia - Sonda DAWN in avvicinamento all'asteroide VESTA.


Inizia un prolungato conto alla rovescia per la sonda della NASA Dawn, nel suo approccio finale all’asteroide, prima tappa del suo lungo viaggio di studio degli asteroidi Vesta e Cerere, protopianeti risalenti all’origine del sistema solare e forse in futuro, tappa dell’esplorazione umana, come qualcuno ha ipotizzato.
La sonda dovrebbe essere catturata nell’orbita dell’asteroide alle 7 di sabato 16 luglio in Italia, ma poi ci vorrà un po’ di tempo agli ingegneri del team per raffinare l’orbita esatta che dovrà assumere la sonda. I primi segnali radio sono atttesi per le 8.30 italiane del 17 luglio. A quel punto la sonda dovrebbe trovarsi in un’orbita distante approssimativamente 16.000 km dall’asteroide ed ad una distanza dala terra di 188 milioni di chilometri.
Infatti solo dopo aver preso conoscenza della esatta massa e gravità dell’asteroide, fin qui solo stimata, si potrà determinare l’orbita con precisione.
La sonda Dawn è la prima ad entrare nell’orbita della cintura principale degli asteroidi, quella fascia che si trova tra Marte e Giove e che alcuni recenti studi ipotizzano sia dovuta ai “viaggi” del più grande pianeta del sistema solare al momento della sua formazione.
La sonda, a cui partecipano come parte del team sia l’Agenzia Spaziale Italiana che l’Istituto Nazionale di Astrofisica con lo strumento VIR, ha l’obiettivo di fornire agli scienziati possibili risposte alle loro domande sull’origine del sistema solare.
La sonda, partita nel 2007, rimarrà circa un annno nell’orbita di Vesta prima di dirigersi alla volta del pianeta nano Cerere.

giovedì 14 luglio 2011

In Antartide scoperta catena di 12 vulcani sottomarini attivi.

Antartide 12 enormi vulcani sottomarini, molti dei quali attivi, sono stati scoperti dagli scienziati della British Antarctic Survey nei pressi delle remote South Sandwich Islands. La mappatura della catena di vulcani precedentemente sconosciuta è stata possibile utilizzando sofisticate tecnologie sonar durante un viaggio di ricerca a bordo della RRS James Clark Ross.
L'eccezionale scoperta, la prima del suo genere nell'area antartica, ha destato notevole stupore negli scienziati stessi, anche perché la maggior parte di questi vulcani sottomarini supera i 3000 metri di altezza con crateri del diametro di 5 km e 7 di questi sarebbero, addirittura, visibili sopra il mare come una catena di isole.......
Ma la scoperta è importante anche per capire cosa succede quando i vulcani eruttano sotto il livello del mare e il loro potenziale di creare rischi seri come gli tsunami oltre che da un punto di vista dell'ecosistema marino: con le sue acque riscaldate dall'attività vulcanica, il paesaggio sottomarino infatti crea un habitat ricco di molte specie di fauna selvatica e aggiunge tasselli preziosi per la biodiversità e per comprendere la vita sulla Terra.
(Simona Falasca)

martedì 12 luglio 2011

Canada -Allarme inondazioni in British Columbia


Allarme inondazioni in British Columbia

È stato lanciato nelle zone centrali della provincia e a sud, nella Peace Region

Articolo pubblicato il: 2011-07-11
VANCOUVER - Le pioggie che cadono da giorni incessantemente sulla British Columbia hanno fatto scattare l’allarme inondazioni per le regioni centrali e quelle della Peace Region, nel Sud della provincia.
Il B.C. River Forecast Centre ha alzato il livello di allerta da “flood watch” a “flood warning” sabato pomeriggio dopo 36 ore di piogge torrenziali nell’area a nordest della British Columbia.
Allerta che riguarda anche l’Upper Fraser River a Prince George, dove è piovuto anche ieri. Le piogge di sabato hanno causato non pochi danni inm alcune zone della Peace Region, un’area circondata a ovest dalle Rocky Mountains e dalle pianure dell’Alberta a est. Alcune strade sono state inondate e chiuse al traffico, come ha confermato il ministro dei Trasporti della British Columbia sabato. Gli automobilisti sulla Highway 52 tra Dawson Creek e Tumbler Ridge sono stati costretti a fare una deviazione. Chiusa anche la Highway 16, 77 km a est di Prince George.

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