giovedì 30 agosto 2012

Inverno 2012/2013 - Previsioni stagionali del NOAA


Analisi evento sismico nella provincia di Reggio Calabria, M4.6, 29 agosto ore 01.12


Un terremoto di magnitudo 4.6 è avvenuto alle ore 01:12:15 italiane del giorno 29 agosto 2012 (23:12:15 28/Ago/2012 – UTC) alla profondità di 45.4 km. Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico: Stretto di Messina.

La mappa sopra mostra la distribuzione dei terremoti storici dal catalogo CPTI11 di magnitudo stimata superiore a 5. I numeri in carta indicano le date dei principali terremoti.

La profondità ipocentrale del terremoto (circa 45 km) suggerisce che esso non sia legato alla deformazione della crosta superiore, quindi alle faglie su cui sono avvenuti i grandi terremoti del passato, ma si sia originato per la deformazione della litosfera ionica in subduzione al di sotto della Calabria. Coerentemente, al momento non sono state registrate repliche dell’evento delle 01:12, neanche a livello strumentale. Questi terremoti profondi si presentano il più delle volte come scosse isolate.

lunedì 27 agosto 2012

Ostia Lido (Roma) - Immagini della tromba d'aria del 26 agosto 2012..





Ecco le immagini della tromba marina che ha colpito il litorale laziale a cavallo del Tevere, tra ostia Lido e Fiumicino. Testimoni oculari affermano che avesse un diametro di circa 15 metri,

venerdì 24 agosto 2012

Geoingegneria e manipolazione climatica: chi controlla il tempo che fa? (2)


Sono in corso da più di sessant'anni tentativi di condizionare artificialmente il clima, controllare piogge e nevicate, alterare la temperatura atmosferica, generare tornado e tsunami. Chi conduce questi esperimenti? E a quale scopo? Viaggio in uno degli argomenti più dibattuti della rete, quello della manipolazione climatica, e nelle numerose teorie, più o meno verosimili, che lo circondano.(ETC Group)

La ETC Group, un'organizzazione internazionale che si batte per l'ambiente, la sostenibilità e i diritti umani ha pubblicato un interessantissimo documento ,che elenca - suddividendoli geograficamente paese per paese e nominando le istituzioni, gli enti e le multinazionali coinvolte - tutti gli esperimenti sul clima effettuati nel corso degli anni. Secondo tale dossier i primi esperimenti si sono svolti sul finire degli anni Quaranta in Honduras ad opera della United Fruit Company, oggi Chiquita, che ai tempi esercitava un potere enorme su una larga fetta dell'America del Sud.
Il documento si compone in tutto di 115 pagine piene di dati certificati che attestano un proliferare di esperimenti su comemodificare il clima terrestre, per vari scopi. I più frequenti sono quelli riguardanti l'aumento o la diminuzione delle piogge; solo l'Italia ne conte ben sette differenti, dagli anni Settanta fino ai giorni nostri. Gli ultimi sono quelli del progetto Climagri, all'interno del quale sono stati realizzati test di riduzione della pioggia.
Il documento dimostra in maniera inequivocabile che sono in corso, da ormai più di sessant'anni, studi ed esperimenti su come manipolare il clima terrestre, condotti dai governi di tutto il mondo con il contributo di imprese private, istituti, multinazionali. Fin qui parliamo di dati di fatto incontestabili. Ci sono invece alcune domande a cui non è possibile rispondere in maniera altrettanto lineare: quali capacità di manipolazione climatica sono state raggiunte negli anni attraverso lo sviluppo della tecnica? Quanto questi esperimenti influiscono sui cambiamenti climatici? Con quali scopi vengono effettuati?
Il perché non sia possibile fornire risposte certe lo si intuisce: mancanza di documentazioni, reticenza da parte dei media e della classe politica ad affrontare apertamente queste tematiche, oscurantismo e tentativi di nascondere i veri scopi delle operazioni in questione. Ciò che possiamo fare è presentare le varie teorie, vagliare le ipotesi ed usare il buon senso per provare a rispondere – ovviamente non in via definitiva – ai tanti interrogativi che ci affollano la mente quando ci addentriamo in questioni così delicate.

mercoledì 22 agosto 2012

Lousiana (USA) - Voragine di 100 metri profonda 130 metri, inghiotte un cipresso di 30 metri


New York - Le autorità della Louisiana stanno indagando su una voragine che si è aperta in una zona paludosa nella parte meridionale dello stato e che ha inghiottito un cipresso alto 30 metri. Il buco, contenente liquame nero, ha un diametro di circa 100 metri ed è profondo 15, ma in alcuni punti tocca i 130 metri.
La voragine si trova ad una cinquantina di chilometri dalla capitale dello StatoBaton Rouge, ed è comparsa circa una settimana fa, due mesi dopo che i residenti avevano notato delle bolle nell’acqua.
Quelle bolle sono diventate sempre più grandi e numerose, secondo il racconto della popolazione, al punto da far sembrare la palude come un pentola in cui bolliva acqua. Le preoccupazioni maggiori sono per un pozzo situato nelle vicinanze che contiene un milione e mezzo di barili di butano liquido: secondo le autorità una rottura in quel pozzo potrebbe causare una catastrofe.....continua
 (Fonte)

Geoingegneria - Nuvole artificiali per contrastare il Global Warming



Ci risiamo con l’ecology fiction: un team di geoingegneri e fisici dell’atmosfera ha riproposto la creazione di nuvole artificialiper contrastare gli effetti del riscaldamento globale. Rob Wood della University of Washington sulla rivista Philosophical Transactions of the Royal Society rispolvera infatti l’ipotesi di impiegare navi futuristiche (le vedete nella foto a lato) per lanciare delle soluzioni saline sugli oceani e dare origine a nuvole riflettenti capaci di schermare i raggi solari, diminuendo l’aumento delle temperature dovuto all’effetto serra.
L’idea di Wood è di testare la validità di questo metodo partendo con un esperimento su piccola scala per poi prendere in considerazione applicazioni a largo raggio, in caso l’esperimento restituisca risultati interessanti. Ma come funzionerebbero queste nuvole nello specifico?

La teoria su cui si basa questo metodo è che aggiungendo particelle sopra l’oceano, in questo caso di acqua marina salata, si stimola la formazione di nubi più grandi e stabili. Un valido schermo capace di riflettere i raggi solari. Le nuvole si formano quando l’acqua si accumula attorno alle particelle, ma l’acqua è presente in quantità limitate nell’atmosfera, irrorando più particelle si verrebbero dunque a formare più goccioline, anche se di dimensioni inferiori. Gocce più piccole che occupano una superficie più ampia riescono a riflettere meglio la luce solare, creando un effetto di raffreddamento sulla Terra.
Alle critiche sulle implicazioni ambientali ed etiche che accompagnano qualsiasi esperimento di geoingegneria (la manipolazione dell’ambiente con la tecnologia è da sempre tema controverso), gli scienziati replicano che l’effetto di un esperimento su piccola scala durerebbe pochi giorni e servirebbe a chiarire anche come agiscono le particelle inquinanti che hanno un effetto simile.

Geoingegneria e manipolazione climatica: chi controlla il tempo che fa?

la mappa mondiale delle modificazioni climatiche (GUARDIAN)
"
Gruppo ETC
 ha prodotto una mappa del mondo di geoingegneria che rappresenta il primo tentativo di descrivere la portata più ampia di ricerca e sperimentazione in larga scala la manipolazione  del clima della Terra.Fonte



Nelle scienze applicate con il termine geoingegneria si designa l'applicazione di tecniche artificiali di intervento umano sull'ambiente fisico (atmosferaoceanobiosferacriosferaidrosferalitosfera ecc..) volte a contrastare i cambiamenti climatici causati dall'uomo.[1][2]
La geoingegneria è oggi un costrutto teorico che ha per oggetto l'uso di tecniche di ingegneria planetaria per, ad esempio, ridurre la presenza di CO2 in atmosfera. (Wikipedia)


domenica 19 agosto 2012

Oggetto non identificato (UFO) visibile nel fondo del Mar Baltico (aggiornamento)



Ricostruzione

Quella dell'anomalia sul fondo del Mar Baltico si sta trasformando in una delle scoperte più sorprendenti e imbarazzanti della storia. Nell'ultima spedizione esplorativa, il team dell'Ocean Explorer, con l'ausilio di un sonar 3d, avrebbe scoperto all'interno dell'anomalia angoli retti, pareti con superfici assolutamente lisce, quelli che sembrano essere corridoi e una struttura simila ad una scala. In una intervista rilasciata a una radio svedese, Aasberg, uno dei leader dell'Ocean Explorer, ha descritto l'interno dell'oggetto del baltico dichiarando che "l'oggetto sembra essere fatto dall'uomo. Potrebbe trattarsi di una formazione naturale successivamente modificata e adattata dagli esseri umani".
L'impressione che si ha nel seguire la storia dell'anomalia del Baltico, è che più aumentano le informazioni disponibili, più aumenta il mistero. Deve essere la stessa sensazione provata del team di esploratori. Infatti, gli esploratori svedesi, hanno deciso di organizzare una terza spedizione che dovrebbe partire tra circa du settimane, con l'obiettivo di raccogliere più dati possibili per far luce su questo mistero sempre più sconcertante. Se l'oggetto non è di origine naturale, la configurazione interna, fatta di corridoi, pareti con angoli retti e cavità, farebbe pensare ad un oggetto di origine artificiale.
Nell'insieme, l'oggetto ricorda la forma di un fungo. Un grosso disco - un cerchio perfetto di 180 metri di diametro e 4 metri di spessore - poggia sulla cima di un pilastro in pietra che si erge a otto metri dal fondo del mare e con uno spessore di 60 metri. Secondo l'opinione degli esploratori, la cupola sembra essere stata realizzata con il calcestruzzo, sia per la consistenza che per l'aspetto. Il massiccio pilastro su cui poggia, invece, sembra essere fatto di un materiale differente, il che fa pensare che la cupola e il pilastro non sono un unico blocco, ma piuttosto due oggetti separati. Se così fosse, chi o cosa avrebbe poggiato la cupola su quel pilastro?
I dati mostrano la presenza di una seconda anomalia.
 La notizia più incredibile è che, a circa 200 metri di distanza, si trova una seconda anomalia che ancora deve essere esplorata. Le prime immagini ottenute dal sonar mostrano un oggetto che, secondo la descrizione del team, somiglia ad una "finestra di una chiesa gotica". Simile all'anomalia principale, anche questo oggetto ha dietro di se questa sorta di pista o crinale. I sommozzatori sono stati così presi dall'esplorazione della prima anomalia, che non hanno avuto il tempo di indagare su questo secondo mistero. La spedizione in programma fra due settimane dovrebbe rappresentare l'opportunità di esplorare anche questa seconda anomalia. C'è la possibilità reale che la seconda anomalia possa contribuire a fornire indizi sulla natura dall'oggetto principale


 La posizione attuale dell'anomalia è ancora alquanto segreta. Lindberg e compagni temono che qualcuno più attrezzato possa soffiargli la scoperta. Quando ne sapranno di più, riveleranno anche le coordinate marine dell'oggetto. Intanto si può dire che il viaggio che dal porto conduce all'oggetto dura circa 24 ora. L'anomalia si dovrebbe trovare a circa 60 miglia al largo tra la Svezia e la Finlandia, nei pressi delle Isole Aland.


"Tropical Storm" Gordon si avvicina alle coste del Portogallo.

Proiezione del tragitto verso il Portogallo.
Proiezione a 5 gg dell'intensità dei venti

UFO sopra la stazione Antartica di Neumayer-Station III




Avremo inverni sempre più freddi?

Cornell Charles H. Greene, professore di scienze della terra e dell’atmosfera, e Bruce C. Monger, ricercatore di scienze meteorologiche, hanno pubblicato nel numero di giugno della rivista Oceanography il loro studio spiegando che “tutti pensano ai cambiamenti climatici dell’Artico, certi che questo fenomeno a distanza avrà scarso effetto sulla nostra vita quotidiana. Ma ciò che sta succedendo nella regione artica cambierà il clima nelle nostre zone”

In sostanza i due esperti spiegano che il global warming provoca un maggiore scioglimento del ghiaccio marino del polo nord durante l’estate, esponendo la scura acqua dell’oceano alla luce solare. Questo provoca un maggior assorbimento della radiazione solare e il calore in eccesso viene rilasciato in atmosfera, soprattutto durante l’autunno, facendo crollare le temperature e i valori di pressione proprio tra l’Artico e le medie latitudini dell’emisfero nord. Secondo gli scienziati, ciò provocherebbe un indebolimento dei venti associati al vortice polare e alla corrente a getto, consentendo così all’aria fredda di proiettarsi molto più spesso alle basse latitudini, com’è già successo negli ultimi tre inverni in modo a volte drammatico, in termini di freddo e neve, sull’Europa e sul nord America.
vortice-polare
Le osservazioni più recenti presentano una nuova svolta alla oscillazione artica: “quello che sta succedendo ora è che stiamo cambiando il sistema climatico, in particolare nella regione artica, e che sta aumentando le probabilità per le condizioni AO negative, che favoriscono invasioni di aria fredda e gravi tempeste meteorologiche invernali a latitudini più basse” ha detto Greene.
Il rallentamento della Corrente del Golfo

Un ulteriore fattore di raffreddamento del clima terrestre potrebbe essere l'effettivo rallentamento della Corrente del Golfo. Il ricercatore Uwe Send, dello Scripps Institution of Oceanography della California, assieme ad alcuni colleghi, ha analizzato i dati raccolti tra il gennaio 2000 e il giugno 2009 da alcune boe oceaniche facenti parte del programma MOVE (Meridional Overturning Variability Experiment) e ha così ottenuto la conferma che nell’ultimo periodo la portata della Corrente del Golfo (cioè la quantità di acqua calda trascinata) si è ridotta di circa il 20%: si tratta della prima prova scientifica di un effettivo rallentamento della Corrente del Golfo.

Tuttavia secondo il team di ricercatori il rallentamento non sarebbe causato dallo scioglimento della Calotta Artica (e dal conseguente “annacquamento” delle acque della Corrente) quanto piuttosto da una naturale variabilità, ed è molto probabile che nell’arco di pochi anni la Corrente del Golfo torni alla precedente portata. Insomma, gli stessi studiosi si mostrano assai scettici su un imminente raffreddamento del clima europeo causato dallo scioglimento dei ghiacci artici e in ogni caso si possono escludere eventi catastrofici come quelli descritti nel noto film (esagerati proprio per esigenze cinematografiche).
La comprensione di queste fluttuazioni della Corrente del Golfo rimane comunque obiettivo fondamentale per arrivare un giorno a realizzare proiezioni climatiche su lungo periodo più affidabili e dettagliate, e in questo senso preziosissime saranno le informazioni che arriveranno nei prossimi anni dalle 20 boe marine dislocate nel 2004 tra le Canarie e le Bahamas nell’ambito del programma Rapid Climate Change Project.
I ghiacciai delle montagne asiatiche crescono
Un ulteriore conferma alle ricerche di Greene e Send proviene da una da uno studio satellitare delle montagne asiatiche che ha lasciato i climatologi molto sconcertati. Il nuovo studio ha preso in esame i dati satellitari degli ultimi 10 anni per studiare la catena montuosa del Karakorum, nel Pakistan del nord e nell'ovest della Cina. I ricercatori hanno scoperto che i ghiacciai del Karakorum - che rappresentano il 3 per cento del totale della superficie coperta di ghiaccio del pianeta - hanno aumentato il loro spessore di 0,11 metri tra il 1999 e il 2008. Questi risultati confutano tutte le previsione catastrofiche dei climatologi negli ultimi anni, che volevano i ghiacciai terrestri in forte arretramento a causa del riscaldamento globale.
karakorum
I ghiacciai della catena montuosa del Karakorum
Tuttavia, gli esperti avvertono che il guadagno è così piccolo che non si può affermare che i ghiacciai siano in crescita. E' però vero che non si stanno nemmeno riducendo. Etienne Berthier, glaciologo presso l'Universitè de Toulose, in Francia, dice che "non tutte le regioni glaciali stanno cambiando allo stesso modo".
Una stima precendente del prof. John Wahr, Università del Colorado, sull'arretramento dei ghiacciai delle montagne asiatiche aveva previsto una perduta fino a 50 miliardi di tonnellate l'anno. Anche le Nazioni Unite si erano spinte in previsioni fosche per il futuro del clima terrestre sostenendo che un quinto dei ghiacciai dell'Himalaya si sarebbe sciolto entro il 2035, con conseguente aumento del livello dei mari e della siccità.
In tutto il mondo, la fusione è stata sopravvalutata. I ghiacciai terrestri e le calotte polari stanno perdendo circa 150 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, circa il 30 per cento in meno di quanto era stato previsto. Il gap tra le stime precedenti e quelle attuali è dovuto al miglioramento degli strumenti di monitoraggio. Il principale artefice delle nuove rivelazione è GRACE, un sistema di osservazione composto da due satelliti orbitali. Lanciati nel 2002, i due satelliti lavorano in tandem orbitando 16 volte al giorno attorno alla Terra ad un'altitudine di 300 miglia. I satelliti sono in grado di misurare i cambiamenti nel campo gravitazionale terrestre causato da cambiamenti di massa in alcune regioni del globo, tra cui lastre di ghiaccio, gli oceani e l'acqua immagazzinata nel terreno e nelle falde acquifere sotterranee.
Conclusioni
Inutile ricordare quanto accaduto a febbraio in Europa, o lo scorso anno a dicembre negli Usa e sulle isole Britanniche. Greene e Monger ha fatto notare che, però, il loro studio viene pubblicato subito dopo uno degli inverni più caldi negli Stati Uniti orientali, quello concluso pochi mesi fa. “E ‘una grande dimostrazione della complessità del nostro sistema climatico e di come vari elementi influenzano i nostri modelli climatici regionali“, ha detto Greene.
In una regione particolare, molti fattori possono infatti avere un’influenza, tra cui il fenomeno del Niño e della Niña nell’oceano Pacifico. Ma gli esperti hanno spiegato che ogni regione ha un clima a sè e che se è vero, da un lato, che negli Usa è stato un inverno molto caldo, è anche vero che l’Alaska e l’Europa hanno avuto freddo e neve da record e che, nel suo complesso termico globale, il mese di marzo 2012 è stato il marzo più freddo degli ultimi 13 anni! “Ed è questo che ci dobbiamo aspettare per il futuro – conclude Green – con tempeste invernali, freddo e abbondanti nevicate sempre più frequenti nel nord America e in Europa“.
A quanto pare,oltre al grande caldo dobbiamo aspettarci anche un grande freddo.

La Fuente Magna - Eredità dei Sumeri in Sud America?


Uno dei reperti archeologici più controversi dell’intera America è la Fuente Magna, detta anche Vaso Fuente, un grande vaso di pietra, simile ad un recipiente per effettuare libagioni, battesimi o cerimonie purificatorie.
Secondo la versione ufficiale il vaso fu scoperto in Bolivia nel 1960, da un contadino, in un terreno privato che si dice sia appartenuto alla famiglia Manjon, situato a Chua, circa 80 chilometri da La Paz, nelle vicinanze del lago Titicaca.
Nella parte esterna il vaso riporta alcuni bassorilievi zoomorfi (di origine Tihuanacoide), mentre nell’interno, oltre a una figura zoomorfa o antropomorfa (a seconda dell’interpretazione), vi sono incisi due tipi di differenti scritture, un alfabeto antico, proto-sumerico, e il quellca, idioma dell’antica Pukara, civiltà antesignana di Tiwanaku.
Nel 1960 l’archeologo boliviano Max Portugal Zamora attuò alcuni piccoli lavori di restauro sul vaso di pietra, e tentò di decifrare senza successo la misteriosa scrittura che è incisa nella parte interna.
Il vaso fu consegnato da un membro della familia Manjon al municipio di La Paz nel 1960. In cambio la familia Manjon ottenne un terreno in una zona adiacente la capitale.
L’oggetto rimase in uno scantinato del “Museo de los metales preciosos” per 40 anni.
Fino alla fine del XX secolo nessuno sapeva in realtà da dove venisse la Fuente Magna, e nessuno poteva immaginare la straordinaria e affascinante storia che racchiude.
Nel 2000 due ricercatori di La Paz, l’argentino Bernardo Biados e il boliviano Freddy Arce, viaggiarono fino a Chua, luogo situato nel nord del lago Titicaca, e chiesero informazioni ai nativi di lengua aymara sul ritrovamento della Fuente Magna nel 1960.

Inizialmente nessuno sapeva dare informazioni, nè sul Vaso Fuente, nè sulla famiglia Manjon, che sembrava essere scomparsa nel nulla. Successivamente incontrarono un anziano di 92 anni, detto Maximiliano, che dopo aver osservato una foto della Fuente Magna, la riconobbe come sua, e la denominò in spagnolo “el plato del chanco”, ovvero il vaso dove mangiavano i maiali.
Maximiliano dichiarò che il vaso fu trovato molti anni prima nelle vicinanze del villaggio e non gli fu data alcuna importanza fino a quando alcuni uomini lo portarono via (forse pagando un corrispettivo), per poi consegnarlo al municipio di La Paz.
Proprio così: uno degli oggetti più importante dell’intera Storia umana era utilizzato da un campesino come recipiente per dar da mangiare ai maiali!
Bernardo Biados e Freddy Arce fotografarono e studiarono a fondo il celebre vaso, giungendo alla conclusione che era utilizzato nell’antichità per cerimonie religiose purificatorie. I due ricercatori inviarono le foto delle iscrizioni al famoso epigrafista statunitense Clyde Ahmed Winters, che decifrò le enigmatiche iscrizioni proto-sumeriche che si trovano all’interno della Fuente Magna.
Ecco la traduzione del pannello centrale dove vi sono i caratteri cuneiformi:

Avvicinati nel futuro ad una persona dotata di grande protezione nel nome della grande Nia. Questo oracolo serve alle persone che vogliono raggiungere la purezza e rafforzare il carattere. La Divina Nia diffonderà purezza, serenità, carattere. Usa questo talismano (la Fuente Magna), per far germogliare in te saggezza e serenità.
Utilizzando il santuario giusto, il sacrario unto, il saggio giura di intraprendere il giusto camino per raggiungere la purezza e il carattere. Oh sacerdote, trova l’unica luce, per tutti coloro che desiderano una vita nobile.

Secondo i testi antichi Ni-ash (Nammu o Nia), era la Dea che diede luce al Cielo e alla Terra, al tempo dei Sumeri. Il bassorilievo situato nella parte interna del vaso, che può richiamare ad una rana (simbolo di fertilità), secondo alcuni ricercatori è proprio la rappresentazione di Nia, la Dea dei Sumeri.
Gli altri simboli che si trovano ai lati del bassorilievo e nella parte adiacente alle incisioni proto-sumeriche, sono stati interpretati come quella, idioma scritto della civiltà Pukara, ma non sono stati decifrati.
Nella parte esterna del vaso ci sono alcuni bassorilievi zoomorfi, che richiamano la cultura di Tiwuanaku: pesce e serpente. E’ molto probabile che la Fuente Magna venisse utilizzata come vaso sacro per cerimonie esoteriche, che richiamavano il culto della fertilità e la ricerca della purezza.
A questo punto sorge la domanda? Come è possibile che vi siano delle iscrizioni proto-sumeriche in un vaso ritovato presso il Titicaca, a ben 3800 metri d’altezza sul livello del mare, distante decine di migliaia di chilometri dal luogo di espansione della civiltà dei Sumeri?
A mio parere La Fuente Magna è autentica, ed è uno degli oggetti antichi più importanti del mondo, attraverso il quale si può venire a conoscenza del passato remoto dell’umanità e dei suoi viaggi interoceanici.
Innuanzitutto si deve ricordare che l’esistenza del Nuovo Mondo era perfettamente conosciuta ai Fenici e ai Cartaginesi che circumnavigarono l’Africa nel I millennio prima di Cristo. Ma le loro conoscenze derivavano dai Sumeri, il popolo che spesso si associa erroneamente con la “nascità della civiltà”.
E’ noto che i Sumeri navigavano sulle loro imbarcazioni attraverso i canali del Tigri e dell’Eufrate allo scopo di commerciare. E’ invece poco conosciuta la navigazione marittima dei Sumeri, che avevano come base l’attuale isola di Bahrein, dove recenti scavi hanno dimostrato l’esistenza di un porto commerciale che era in attività nel terzo millennio prima di Cristo. Nei testi Sumeri l’odierno Behrein era identificato come Dilmoun, e da quel punto le flotte sumere partivano per la foce dell’Indo da dove rimontavano il grande fiume, giungendo a Mohenjo-Daro, per intercambiare tessuti, oro, incenso e rame. Le imbarcazioni sumere erano lance che potevano dislocare fino a 36 tonnellate.
Secondo Bernardo Biados i Sumeri circumnavigarono l’Africa già nel terzo millennio prima di Cristo, ma, arrivati presso le isole di Capo Verde, si trovarono sbarrato il passaggio dai venti contrari che soffiano incesantemente verso sud-est. Si trovarono pertanto obbligati a fare rotta verso ovest, cercando venti favorevoli. Fu così che giunsero occasionalmente in Brasile presso le coste dell’attuale Piauì o Maranhao. Da quei punti esplorarono il continente risalendo gli affluenti del Rio delle Amazzoni, in particolare il Madeira e il Beni.
In questo modo arrivarono all’altopiano andino, che probabilmente nel 3000 a.C. non aveva un clima così freddo. Si mischiarono così alle genti Pukara che a loro volta provenivano dall’Amazzonia (espansione Arawak), e ai popoli Colla (i cui discendenti parlano oggi la lingua aymara). La cultura Sumera influenzò le genti dell’altopiano, non solo dal punto di vista religioso, ma anche lessicale. Molti linguisti infatti hanno trovato molte similitudini tra il proto-sumerico e l’aymara.
Alcuni Sumeri rientrarono nel Vecchio Mondo e vi trasportarono la coca, che fu trovata anche nelle mummie di alcuni faraoni egizi.
Ultimamente Bernardo Biados e Freddy Arce hanno analizzato e studiato a fondo il monolito di Pokotia, che riporta interessanti iscrizioni nella parte dorsale, che possono anch’esse essere relazionate con viaggi inter-oceanici avvenuti antecedentemente al terzo millennio a.C.
Solo con lo studio comparato di genetica, archeologia, linguistica e scienza epigrafica si potrà giungere in futuro alla reale comprensione delle relazioni tra gli antichi popoli del mondo, in modo da poter tracciare così una mappa dettagliata dell’intera evoluzione umana.
YURI LEVERATTO
Copyright 2010
E’ possibile riprodurre questo articolo indicando chiaramente il nome dell’autore e la fonte www.yurileveratto.com
Nella prima foto: l'indigeno Colla Maximiliano mostrando una foto della "sua" Fuente Magna.

Foto: Copyright Yuri Leveratto eccetto la prima foto.
Traduzione del pannello centrale di Clyde Winters dall'inglese all'italiano: Yuri Leveratto

Il mistero di Cholula, la piramide più grande del mondo


Lo studio delle piramidi, costruite nel lontano passato da molti popoli che vivevano in differenti zone della Terra, è interesante non solo dal punto di vista storico e architettonico, ma anche per comprendere le loro usanze, le loro credenze religiose e la loro visione del mondo.
Le piramidi più conosciute sono certamente le egiziane, soprattutto quelle della piana di Giza.
Nel mondo però vi furono varie le culture antiche che costruirono piramidi, per esempio le piramidi cinesi di Xian, quelle peruviane di Caral o Tucumè e quelle mesoamericane, come le Maya di Tikal, Uxmal, Palenque, o le famose piramidi del Sole e della Luna di Teotihuacan.
Stranamente la pirámide di Cholula (detta anche Tlachihualtepetl), che è la più grande del mondo, è quasi ignorata sia nei programmi televisivi dove si divulga la Storia sudamericana che nelle riviste specializzate.
La piramide, che è alta 66 metri ed ha una pianta quadrata di 400 metri, è la più voluminosa del mondo: ben 4.450.000 metri cubi.
Per fare un paragone, la piramide di Cheope, ha un volume di “soli” 2.500.000 metri cubi.
Il nome Cholula significa “acqua che cade nel luogo della vita”. Secondo la mitología fu costruita dal gigante Xelhua, che riuscì a salvarsi dal diluvio universale.
Ecco un brano dell’opera Cholula 2000 tradizione e cultura dello scrittore Rodolfo Herrera Charolet (1995):
Nell’epoca del diluvio vivevano sulla Terra i giganti, però molti di essi morirono sommersi dalla acque, alcuni invece furono trasformati in pesci e solo sette fratelli si salvarono in alcune grotte della montagna Tlaloc. Il gigante Xelhua viaggiò fino al luogo che in seguito si chiamò Cholollan e con grandi mattoni fabbricati nel lontano Tlalmanalco, cominciò a costruire la pirámide in memoria della montagna dove si salvò. Siccome Tonacatecutli, il Padre degli Dei s’irritò vedendo quella immensa costruzione, che poteva arrivare alle nubi, lanciò delle lingue di fuoco e con un grande masso che aveva forma di rospo schiacciò molti lavoratori e scacciò i sopravvissuti, cosìcchè l’opera fu interrotta…
La piramide di Cholula è in realtà il risultato di 6 differenti costruzioni sovrapposte nel corso dei secoli. Secondo gliultimi studi in situ s’iniziò a costruire nel periodo Preclassico(1800 a.C.-200 d.C), nell’epoca degli Olmechi.
Intorno al 100 d.C. la piramide di Cholula era utilizzata da genti di Teotihuacan, sia per motivi rituali che cerimoniali.
Si stima che il complesso urbano che si era sviluppato nei dintorni della piramide assommava a quasi 100.000 abitanti intorno al 200 d.C. essendo così la seconda città del Mesoamerica dopo Teotihuacan.
La zona fu abbandonata intorno all’800 d.C. in seguito alla decadenza di Teotihuacan. In seguito la piramide fu utilizzata da etnie Tolteche e Cicimeche. Quindi con il dominio degli Aztechi in Messico, fu dedicata al culto di Queztalcoatl.
In seguito alla conquista spagnola del Messico, fu costruita una chiesa cattolica nella sommità della piramide (nel 1594), allo scopo di affermare la religione cristiana sui culti locali.

Il primo archeologo che studiò a fondo la piramide fu lo svizzero Adolph Bandelier nel 1881. Rinvenne molti resti umani in alcune sepolture di stile Teotihuacano, oltre a una notevole quantità di cerámica, anch’essa attribuibile a Teotihuacan.
Nel 1931 l’architetto Ignacio Marquina diresse degli scavi con lo scopo di aprire dei tunnel al di sotto della pirámide. Nel 1951 sono stati scavati circa 6 chilometri di tunnels al di sotto della piramide, che formano un vero e proprio labirinto.
Durante questo primo periodo di scavi furono pórtate alla luce notevoli quantità di ceramiche risalenti alle culture di Tula e Teotihuacan oltre a strumenti musicali come per esempio flauti.
In seguito ci fu un secondo periodo di scavi dal 1966 al 1974 condotto da Miguel Messmacher, ma non si riuscì a trovare una camera funeraria principale.
Oggi il mistero di Cholula, ovvero quali furono i reali costruttori di questa imponente struttura, resta insoluto. Successive opere di scavo sono state bloccate perché potrebbero minacciare la stabilità dell’intera piramide ma anche perché la chiesa cattolica costruita dagli spagnoli sulla sua sommità, è stata dichiarata patrimonio della nazione e pertanto è proibito intervenire sulle sue fondamenta.
Sappiamo che nelle leggende c’è sempre un fondo di verità: forse Xelhua era una personaggio reale che, come Viracocha o Queztalcoatl era riuscito a fondare una nuova civiltà e aveva costruito la piramide come simbolo del suo potere?
YURI LEVERATTO
Copyright 2012
E' possibile riprodurre questo articolo indicando chiaramente il nome dell'autore e la fonte www.yurileveratto.com/it

giovedì 16 agosto 2012

sabato 11 agosto 2012

Criovulcanesimo, cosa è?


Un criovulcano è, letteralmente, un vulcano ghiacciato. Più in generale, si definisce criovulcanismo (criovulcanesimo) l'insieme dei fenomeni collegati all'attività vulcanica attualmente individuata su diversi corpi ghiacciati del sistema solare, quali, tipicamente, Encelado, Titano e Tritone, e possibilmente numerosi altri satelliti naturali del sistema solare esterno o oggetti della fascia di Kuiper.
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I pennacchi di Encelado, probabilmente fonte principale di materia per l'Anello E di Saturno, fotografati dalla sonda Cassini nel 2005
I fenomeni di natura criovulcanica prevedono l'eruzione di acqua, ammoniaca o composti del metano, invece della lava che caratterizza il vulcanismo dei pianeti terrestri. Queste sostanze, talvolta designate con l'appellativo generale di criomagma, sono solitamente allo stato liquido, e talvolta allo stato gassoso. Dopo l'eruzione, il criomagma condensa per via dell'esposizione alle gelide temperature ambientali.
Vi sono speculazioni riguardo alla possibilità che il criovulcanismo di Titano possa opsitare vita extraterrestre.

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Modello di "geyser freddo" su Encelado
L'energia necessaria per sostenere fenomeni di natura criovulcanica sembra provenire principalmente dall'interazione mareale tra il satellite naturale e il pianeta madre, tipicamente un gigante gassoso.
Secondo un'ipotesi meno accreditata, ma comunque degna di nota, i depositi superficiali di materiale ghiacciato translucente potrebbero generare un effetto serra sotterraneo in grado di accumulare progressivamente calore.

Criovulcanesimo su Encelado, luna di Saturno.

Le spettacolari immagini di un enorme getto d'acqua riversato su Saturno da una delle sue lune, Encelado, sono state catturate da Herschel, l'osservatorio spaziale dell'Agenzia Spaziale Europea(ESA) e hanno permesso di risolvere il mistero della presenza di acqua nell'atmosfera del pianeta degli anelli.
La presenza di acqua negli strati alti dell'atmosfera del secondo piu' grande pianeta del sistema solare era noto da molti anni, ma non esisteva certezza fino ad oggi di quale potesse esserne la fonte. Le nuove osservazioni hanno permesso di verificare la presenza di un grande anello di vapore d'acqua che circonda Saturno e che viene continuamente alimentato da un getto proveniente da una delle sue lune. Encelado ne espelle infatti circa 250 chilogrammi al secondo attraverso numerosi getti liberati dalla regione del Polo Sud.
Encelado è un satellite naturale di Saturno, scoperto il 28 agosto 1789 da William Herschel. È il sesto satellite naturale di Saturno in ordine di grandezza. Fino al passaggio delle due sonde Voyager, all'inizio degli anni 1980, le caratteristiche di questo corpo celeste erano poco conosciute, a parte l'identificazione di ghiaccio d'acqua sulla superficie. Le sonde hanno mostrato che questo satellite ha un diametro di soli 500 km e riflette quasi il 100% della luce solare. La Voyager 1 ha permesso di scoprire che Encelado orbita nella regione più densa dell'anello E di Saturno mentre Voyager 2 ha rivelato che nonostante le sue piccole dimensioni il satellite presenta regioni che variano da superfici antiche con molti crateri da impatto a zone recenti datate circa 100 milioni di anni.
Fonte

Lousiana (USA) - Voragine si apre improvvisamente.

Una voragine si è aperta improvvisamente in un terreno in Assumption Parish (Louisiana).
I geologi interpellati, ritengono che forse dipenda dallo sfruttamento delle  miniere sotterranee di sale, che potrebbero aver causato il sinkhole. 
La voragine  misura  324 metri di diametro di 50 metri di profondità, ma il   punto è profondo  arriva a 128 metri circa.
Altro fenomeno "strano" che sta preoccupando la popolazione della Lousiana (USA) e già segnalato in questo blog (Clicca qui), è la presenza di bolle risalaenti in superfice in diversi fiumi della zona. probabilmente bolle metanifere. 




Eruzione di un vulcano sottomarino in Nuova Zelanda, emerge una isola di pomice.

Wellington - (Adnkronos/dpa) - La gigantesca isola galleggiante è stataavvistata nell'Oceano Pacifico, a metà strada fra le isole Tonga e la Nuova ZelandaUna immensa isola galleggiante di pomice è stata avvistata nell'Oceano Pacifico meridionale, lasciando intendere che sia avvenuta un'eruzione sottomarina nell'area, a metà strada fra le isole Tonga e la Nuova Zelanda. Lo ha reso noto il ministero neozelandese della Difesa.
Una missione scientifica è già partita a bordo di una unità della marina per raccogliere alcuni campioni di pomice. Secondo le prime stime, grazie ai dati raccolti da una ricognizione aerea, l'isola si estende su 7.500 chilometri quadrati.
L'isola potrebbe essere frutto dell'eruzione del vulcano sottomarino Monowai, vicino alle isole neozelandesi Kermadec, ad un migliaio di chilometri a nord est di Auckland. Sarebbe la terza eruzione in pochi giorni, dopo che si è risvegliato lunedi notte il monte Tongariro da un sonno di 115 anni, seguito il giorno dopo dal vulcano di White island.
Quest'ultimo è il vulcano più attivo del Paese, con continue emissioni di vapori, ma non eruttava da 12 anni. "E' la cosa più magica che abbia visto in 18 anni sul mare", ha detto il tenente Tim Oscar che ha potuto osservare l'isola di pomice. "E' una specie di zattera di pomice che si alza e si abbassa con le onde -ha riferito- le rocce emergono circa 60 centimetri dal mare e brillano bianche al sole. Sembrano di ghiaccio".

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giovedì 9 agosto 2012

Mar Tirreno,mappa dei vulcani sottomarini.

Fonte Protezionecivile. gov

Il tirreno risulta essere il mare più giovane del Mediterraneo e quindi anche molto instabile: si formò circa 10 milioni di anni fa. È stato l’ultimo mare a crearsi, lo avevano preceduto l’Adriatico seguito dallo Ionio. 

Tra le fasi delle grandi fratture geologiche che provocarono lo sprofondamento del Tirreno e la crescita dei grandi vulcani (dal più vecchio, il Vavilov, al più giovane, il Marsili) c’è stata una fase di prosciugamento completo del Mediterraneo che si conclude con l’arrivo della grande cascata dello stretto di Gibilterra, 5-6 milioni di anni fa. 
A quell’epoca le isole vulcaniche di Stromboli e Lipari non esistevano ancora, ma si potevano ammirare altri vulcani che svettavano come tanti Kilimangiaro. Nel corso dei millenni la “diga” naturale, che si era formata tra Spagna e Marocco cominciò a lesionarsi, e si ebbe un collasso generale di tutta l’area e le acque oceaniche si riversarono fragorosamente nella depressione del Mediterraneo: era nato lo stretto di Gibilterra . 
Elenco dei vulcani sommersi del Mare Tirreno (smt = seamounts = monti sottomarini)
Alcione smt, Enarete smt, Eolo smt, Lamentini smt, Marsili smt -505m, Palinuro smt -70m, Sisifo smt, Anchise smt.
Sono tutti sottomarini e geologicamente attivi.

Vulcani e zone vulcaniche delle isole Eolie 
Alicudi 3 - Filicudi 13 - Salina 6 - Lipari 21 - Vulcano 19 - Panarea 15 - Stromboli 13.
(Nel numero sono annoverati sia i vulcani attivi che le zone vulcaniche geologicamente atttive)

Tutto il territorio delle Isole Eolie è di origine vulcanica. Le isole altro non erano che vulcani sottomarini emersi dalle acque circa 700.000 anni fa nel seguente ordine: Panarea, Filicudi, Alicudi, Salina, Lipari, Vulcano e per ultimo Stromboli il quale forse ha circa 40.000 anni di età. Da ricordare l’emersione di Vulcanello avvenuta nel 183 a.C., mentre le ultime colate di pomice ed ossidiana sul monte Pelato a Lipari, sono avvenute circa 1500 anni fa. 



Altri vulcani e zone vulcaniche

Ustica 4 - Canale di Sicilia 11 - Pantelleria 24 - Linosa 4.
(Nel numero sono annoverati sia i vulcani attivi che le zone vulcaniche geologicamente atttive)
Fonte

Brisbane (Australia) - 34° congresso internazionale di geologia.

Ci sarà anche il parmigiano Valentino Straser tra i relatori che presenteranno i propri studi nel corso del 34° congresso internazionale di geologia in programma dal 5 al 10 agosto a Brisbane, in Australia. Si tratta probabilmente dell’appuntamento più importante a livello mondiale per quanto riguarda le scienze della terra, dove si danno appuntamento - ogni quattro anni - i maggiori esperti del settore per presentare i loro studi e condividere informazioni e scoperte. In Australia sono attesi oltre 5 mila scienziati, provenienti da 111 diversi Paesi.
Durante il congresso Straser presenterà due relazioni sul tema dei precursori sismici, un argomento di grande attualità. «Si parla molto ultimamente della possibilità di prevedere i terremoti - spiega il geologo parmigiano -. Gli studi che stiamo conducendo ci dicono che, se è vero che non è possibile prevedere il momento esatto di un terremoto o la sua magnitudo, esistono però dei segnali, detti appunto precursori sismici, che si registrano prima di una scossa. Ad esempio delle interferenze elettromagnetiche. Nella prima delle mie relazioni presenterò un’analisi di queste interferenze; nella seconda affronterò il tema della necessità di uno studio sistemico di questi precursori».
Straser, ricercatore indipendente, studia da anni questi fenomeni e recentemente è stato chiamato a far parte del gruppo di lavoro Ievpc, «International earthquake and volcano prediction center», ovvero il centro internazionale per lo studio della previsione di terremoti ed eruzioni vulcaniche, che ha sede ad Orlando, in California: un gruppo di ricercatori a cui fa riferimento anche la Nasa, visto che al suo interno è presente proprio il referente Nasa per la Casa Bianca. L’obiettivo è proprio quello di affrontare in modo multidisciplinare, ciascuno con le proprie competenze, il tema dei precursori sismici. 
«Al momento - chiarisce Straser - stiamo concentrando le nostre osservazioni in una zona della Kamchatka, nell'estremo oriente russo, e la nostra attenzione è rivolta in particolare alla previsione di terremoti di magnitudo superiore a 6, quindi potenzialmente distruttivi. Fino ad ora siamo riusciti a prevedere la zona epicentrale e il periodo di un sisma, ma non la magnitudo. I risultati però sono incoraggianti».
Naturalmente, ci tiene a precisare il geologo, «si tratta di una fase di studio e analisi dei dati e per ora si può solo parlare in termini di “coincidenze” di fenomeni, ma è il primo passo per raccogliere le informazioni necessarie ad avviare una verifica e sperimentazione scientifica. Poter partecipare al congresso è una grande soddisfazione - aggiunge  -: sono pochissimi i ricercatori chiamati a rappresentare ciascuna nazione».

Gli incredibili "vulcani di fango" in Ucraina

Ucraina – (Express-news.it) Il vulcano di fango è un termine usato per riferirsi a formazioni eruttive di liquidi e gas, anche se ci sono molti diversi processi che possono causare tale attività. L’acqua calda si mescola con il fango e depositi superficiali. Vulcani di fango sono associati a zone di subduzione e circa 700 sono stati per ora identificati. Le temperature sono molto meno calde in questi processi di quelle che prodotte dai vulcani ignee. Le più grandi strutture vulcaniche di fango hanno 10 km di diametro e raggiungere i 700 metri  di altezza. Circa l’86% del gas liberato da queste strutture è metano, presente anche biossido di carbonio e molto meno azoto. L’ epulsione del materialè spesso formato da un impasto di solidi fini sospesi in liquidi che possono includere acqua, che è spesso acida o salata, e fluidi idrocarburici. Ci sono pochi vulcani di fango in Europa, ma decine si trovano sulla penisola di Taman Russia e nella penisola di Kerch del sud-est dell’Ucraina.
Fonte
 

martedì 7 agosto 2012

Maltempo nel mondo.....

Mezza citta' nel fango, 15 morti e circa 250mila persone che scappano dalle terribili alluvioni che stanno colpendo il nord delle Filippine e la citta' di Manila.
Eccezionale nevicata a Joannesburg in Sudafrica dove non accadeva da 15 anni.




Genetica la causa dell'infedeltà femminile?

L'infedeltà maschile è facile da spiegare. Passando di letto in letto, un uomo può fecondare più donne, aumentando la probabilità di una discendenza numerosa rispetto a chi ha una sola partner. Ma anche le donne tradiscono, a dispetto del fatto che non siano in grado di avere approssimativamente più di un figlio all'anno, qualunque sia il numero dei loro partner sessuali.

Una delle principali ipotesi evoluzionistiche per spiegare questa apparente incongruenza è che una femmina che ha molteplici partner sessuali assicura diversità e qualità genetiche alla sua prole, che teoricamente garantirebbero in seguito un maggior numero di nipoti. Ma uno studio durato 17 anni e pubblicato sul numero di giugno della rivista “The American Naturalist” ora smentisce quest'ipotesi.

"Si tratta di uno degli studi più accurati e documentati per verificare se la poliandria sia o meno l'esito di un processo adattativo”, commenta Tommaso Pizzari, biologo dell'Università di Oxford, che non ha partecipato alla ricerca. “La risposta è: non proprio”.

Precedenti studi avevano verificato la l'ipotesi della “qualità” per via indiretta. Nelle specie socialmente monogame, i ricercatori confrontano la discendenza delle femmine infedeli chiedendosi: quale prole è più numerosa? Quale vive più a lungo? Ma un modo migliore per comprendere perché si sia evoluta la promiscuità femminile, spiega Jane Reid, biologa dell'Università di Aberdeen, in Scozia, e autrice della nuova ricerca, è determinare se questa prole illegittima abbia poi effettivamente più figli.

Reid e il suo gruppo hanno studiato una popolazione isolata di passeri cantori che vivono allo stato selvatico sull'Isola di Mandarte, in Canada. Come i loro simili sul continente, gli uccelli sono socialmente monogami. Maschie femmine si accoppiano per l'intera stagione dell'amore e per diverse stagioni; inoltre, collaborano per nutrire i piccoli e difendere il nido. Ma non sono sempre fedeli: gli esami del sangue mostrano che in questa particolare popolazione, il 28 per cento dei piccoli ha una paternità diversa.
 ricercatori hanno studiato tre generazioni di passeri (compresi più di 2300 piccoli) per verificare se i figli illegittimi delle femmine infedeli avessero un maggiore successo riproduttivo. È risultato così che gli illegittimi in realtà avevano un successo inferiore dei loro fratelli legittimi, generando,  in media, il 50 per cento di prole in meno. “Non è quello che ci si aspetterebbe”, ha commentato Reid.

David Westneat, ecologo del comportamento dell'Università del Kentucky, è d'accordo. “Questo significa che non esistono prove a sostegno di un'ipotesi che finora ha avuto molta fortuna”. Ma la teoria non è ancora stata del tutto confutata, poiché i risultati devono essere confermati in altre popolazioni e in diverse specie. Westneat e Pizzari hanno espresso anche perplessità per il fatto che lo studio è stato condotto su un'isola: simili popolazioni, piccole e isolate, hanno la tendenza a evolvere in modo strano. Nonostante ciò, gli scienziati concordano sul fatto che la promiscuità non sembra avere vantaggi riproduttivi per la maggior parte delle femmine di passero di Mandarte.

Ma se 
la promiscuità non aiuta ad avere un maggiore successo evolutivo,allora qual è la sua origine? Alcune teorie attribuiscono la colpa ai maschi: la promiscuità femminile può essere una conseguenza ecologica di quella maschile. Se i maschi subiscono una forte pressione selettiva per accoppiarsi con diverse femmine, allora in un ambiente chiuso le femmine potrebbero essere forzate ad accoppiarsi con molteplici partner.

Reid sta studiando anche la possibilità che la promiscuità femminile sia una conseguenza genetica della versione maschile. Se ci sono geni che incoraggiano un maschio a essere promiscuo, egli potrebbe trasmettere questi geni alle figlie, anche se esse non traggono alcun vantaggio dal comportamento. Un recente studio sul pesce Danio rerio ha corroborato questa ipotesi.

Se risultasse che la genetica ha una forte influenza sull'infedeltà femminile, il gruppo di Reid vorrebbe riuscire a individuare quali sono i geni in grado di contribuire ai comportamenti promiscui.

(La versione originale di questo articolo è apparsa su scientificamerican.com il 6 giugno. Riproduzione autorizzata; tutti i diritti riservati).

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